martedì 27 aprile 2010

23 luglio 1930


L'Irpinia è una terra tristemente ricordata per il catastrofico sisma del 1980, quando accade un nuovo terrobile sisma, come quello dell' Aprile scorso che ha colpito L'Aquila, le varie fonti di comunicazione partono con la classifica dei terremoti piu' devastanti accaduti in Italia.
Ma sembra che nessuno si ricordi del sisma del 1930 eppure il terremoto causò la morte di 1404 persone prevalentemente nelle province di Avellino e Potenza, interessando oltre 50 comuni di 7 province!!
Mio suocero, detto il Presidente, in collaborazione con altre persone, per non dimenticare quanto accaduto sta organizzando (appunto per il 23 luglio 2010) una commemorazione in onore delle vittime del sisma del 23 luglio 1930.


Ho fatto alcune ricerche in merito e vorrei condividere con voi questo articolo.
Buona lettura!
E' un pò lungo ma ne vale la pena.

1930 terremoto politicamente non corretto

Tratto da axnet.it Forum; autore www.filippogiannini.it.


Ci avete fatto caso?



QUEL TERREMOTO "POLITICAMENTE NON CORRETTO”
Strane dimenticanze







politiche riguardo a chi ha avuto responsabilità. Bisogna vedere come sia
potuto accadere che non siano state attivate indispensabili norme, che erano
state tradotte in legge e chiedersi come non siano scattati necessari
controlli>.
Sono parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, parole
apparentemente condivisibili. Ma sono parole e i fatti dimostreranno, una
volta ancora che, individuati i colpevoli di un così grave danno, cioè
coloro che non hanno attivato quelle norme che erano state tradotte in
legge, costoro, con marchingegni e raggiri riusciranno a farla franca. Come
ultima eventualità potranno godere di un più che certo nuovo indulto o
amnistia. L’uno e l’altra tanto comuni in questo Paese dei diritti e della
libertà.

Credo di essere una persona equilibrata, pertanto voglio riconoscere che nel
caso del funesto terremoto che ha sconquassato l’Abruzzo, gli interventi
sono stati tempestivi ed efficaci.
Ripeto, sono una persona equilibrata, ma molto scettico sulle capacità ed
onestà della classe dirigente scaturita dalla liberazione, di conseguenza
ritengo che gli interventi sopra indicati non siano altro che la ripetizione
(e questo sarebbe già cosa apprezzabile) di quanto si verificò a seguito di
quel terremoto avvenuto alcuni decenni fa, terremoto non politicamente
corretto.

Ci avete fatto caso che i mezzi di informazione hanno ricordato i principali
sismi che si sono verificati nel secolo scorso, partendo proprio da quello
che interessò Messina e Reggio Calabria nel 1908, la Sicilia 1967, l’Irpinia
1980, l’Umbria 1997, ma hanno dimenticato quello del 1930. Perché?
Provo a rispondere. Prima di affrontare il tema debbo parlare di me, ma
brevemente, non vi preoccupate, e poi siano i lettori a giudicare sul
"perché?".
Ho lavorato diversi anni all’estero, ma nel mio pendolare mi trovai in
Italia nel 1980, proprio nell’anno del terremoto che devastò l’Irpinia.
Nelle ore immediatamente successive al tragico evento, ascoltavo le ultime
notizie alla radio e fui colpito da una stranezza: un contadino del luogo
che stava rispondendo alle domande di un intervistatore, raccontava di aver
avuto la casa completamente distrutta e, cosa ancor più grave, di aver perso
una figlia. Alle insistenti domande del giornalista, il pover’uomo
rispondeva che tutto il paese era stato raso al suolo, ma le uniche case che
avevano resistito al sisma erano quelle costruite a seguito del terremoto
del 1930. A questo punto il contatto si interruppe, ma in modo così
maldestro da convincermi che era cosa voluta.
1930? Un terremoto? Non ne sapevo niente. Incuriosito volli indagare e
scoprii cose turche, turchissime.

Prima di addentrarmi ancora nel discorso, chiedo venia perché questo
argomento fu da me trattato in altra occasione e per alcuni lettori potrei
sembrare ripetitivo.
Ecco dunque i fatti, ricordando che stiamo trattando di un avvenimento
accaduto quasi ottanta anni fa, quando le attrezzature tecniche non erano
così sofisticate come quelle di oggi.

La notte del 23 luglio 1930 uno dei terremoti più devastanti (6,5° Scala
Richter) che la nostra storia ricordi (1.500/2.000 morti) colpì vaste aree
della Campania, della Lucania e del Subappennino pugliese: all’incirca,
cioè, quelle stesse regioni colpite dal sisma del novembre 1980 (6° Scala
Richter).
Mussolini, appena conosciuta la notizia, convocò il Ministro dei Lavori
Pubblici Araldo Di Crollalanza, certamente uno dei più prestigiosi
componenti del Governo di allora e gli affidò l’opera di soccorso e di
ricostruzione.
Araldo Di Crollalanza, in base alle disposizioni ricevute e giovandosi del
RDL del 9 dicembre 1926 e alle successive norme tecniche del 13 marzo 1927
(ecco come è nata la Protezione Civile), norme che prevedevano la
concentrazione di tutte le competenze operative, nei casi di catastrofe, nel
Ministero dei Lavori Pubblici, il Ministro fece effettuare, nel giro di
pochissime ore, il trasferimento di tutti gli uffici del Genio Civile, del
personale tecnico, nella zona sinistrata, così come era previsto dal piano
di intervento e dalle tabelle di mobilitazione che venivano periodicamente
aggiornate.

Secondo le disposizioni di legge, sopra ricordate, nella stazione di Roma,
su un binario morto, era sempre in sosta un treno speciale, completo di
materiale di pronto intervento, munito di apparecchiature per demolizioni e
quant’altro necessario per provvedere alle prime esigenze di soccorso e di
assistenza alle popolazioni sinistrate. Sul treno presero posto il Ministro,
i tecnici e tutto il personale necessario. Destinazione: l’epicentro della
catastrofe.

Naturalmente, come era uso in quei tempi, per tutto il periodo della
ricostruzione, Araldo Di Crollalanza non si allontanò mai dalla zona
sinistrata, adattandosi a dormire in una vettura del treno speciale che si
spostava, con il relativo ufficio tecnico da una stazione all’altra per
seguire direttamente le opere di ricostruzione.
C’è la testimonianza di un giovane di allora, il signor Liberato Iannantuoni
di Meda (Mi) che ricorda: distrusse alcuni centri della zona ai limiti della Puglia con la Lucania e l’avellinese,
in particolare Melfi, Anzano di Puglia, Aquilonia. Proprio tra le macerie di
questo borgo, all’indomani del terribile sisma, molte personalità del tempo
accorsero turbate da tanta straziante rovina, fra le quali il Ministro dei
Lavori Pubblici Araldo Di Crollalanza. Avevo allora 22 anni, unitamente ad
altri giovani fummo comandati allo sgombero delle macerie(ci si può documentare direttamente presso il Museo della civiltà contadina di Aquilonia).


Ecco come conobbi da vicino Crollalanza; si trattenne un po con noi con la serena e
ferma parola di incitamento al dovere; restò per me l’uomo indimenticabile
per i fatti che seguirono. Tutto quello che il sisma distrusse nell’estate
1930, l’anno nuovo vide non più macerie, ma ridenti case coloniche ed altre
magnifiche costruzioni con servizi adeguati alle esigenze della gente del
luogo. Moderne strade fiancheggiate da filari di piante ornamentali; si
seppe anche che costi occorrenti furono decisamente inferiori al previsto
(.)>.

Ecco, caro lettore, perché quel terremoto non è politicamente corretto. Ma
oltre a quello cui ho appena accennato: c’è ben altro.



I lavori iniziarono immediatamente. Dopo aver assicurato gli attendamenti e
la prima opera di assistenza, si provvide al tempestivo arrivo sul posto,
con treni che avevano la precedenza assoluta di laterizi e di quant’altro
necessario per la ricostruzioni. Furono incaricate numerose imprese edili
che prontamente conversero sul posto, con tutta l’attrezzatura. Lavorando su
schemi di progetti standard si poté dare inizio alla costruzione di casette
a pian terreno di due o tre stanze (1) anti-sismiche, particolarmente idonee
a rischio. Contemporaneamente fu disposta anche la riparazione di migliaia
di abitazioni ristrutturabili, in modo da riconsegnarle ai sinistrati prima
dell’arrivo dell’inverno. Si evitava in questo modo che si verificasse
quanto accaduto nel periodo pre-fascista e quanto accadrà, scandalosamente,
nell’Italia post-fascista: la costruzione di baracche, così dette
provvisorie, ma che sono, invece, di una provvisorietà illimitata.
Sembra impossibile (data l’Italia di oggi): a soli tre mesi dal catastrofico
sisma, e precisamente il 28 ottobre 1930 – come a simboleggiare che con
determinati uomini i miracoli sono possibili – le prime case vennero
consegnate alle popolazioni della Campania, della Lucania e delle Puglie.

Furono costruite 3.746 case e riparate 5.190 abitazioni.
Ma, caro lettore, che vivi in questa Italia di piena libertà, ascolta come
Mussolini salutò il suo Ministro dei Lavori Pubblici al termine della sua
opera: aver ricostruito in pochi mesi perché era Suo preciso dovere, ma la
ringrazia per aver fatto risparmiare all’erario 500 mila lire>.



Sì, avete capito bene: fate un raffronto con quanto accadde a seguito del
terremoto del 1980.
Ricordo che nel corso di una trasmissione televisiva, ad un certo momento un
pover’uomo telefonò alla RAI e disse che dal 1980 viveva in Irpinia dentro
un container e ancora aspettava la casetta.

Avete ora capito perché i quaquaraqua considerano il terremoto del 1930
politicamente non corretto?

Dato l’interesse dell’argomento e per rinnovare la memoria di quel che fu,
riporto quanto il signor Adolfo Saccà di Roma scrisse al direttore de "Il
Giornale d’Italia" il 28 novembre 1988: fumanti macerie Reggio Calabria, Messina e le cittadine di quelle due
province. Con l’aiuto di mezzo mondo ben presto furono costruiti interi
baraccamenti per il ricovero dei superstiti. Ed in quelle baracche vivemmo
per ben venti lunghissimi anni! Dal 1908 al 1928. Finché nel 1928 Mussolini
lasciò la capitale per recarsi in Sicilia. Il Capo del Governo poté vedere
dai finestrini della sua carrozza, riportandone vivissima impressione, il
succedersi ininterrotto di baracche già vecchie e stravecchie. L’anno dopo
al loro posto c’erano già in tutti i paesi terremotati altrettante belle,
decorose palazzine che ancora oggi testimoniano il sollecito, deciso
intervento di Mussolini che ci tolse, finalmente! Dalla miserrima condizione
di baraccati>.

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